Pietro Giacomo Palmieri (Bologna, 1737 – Torino, 1804)
Paesani nei pressi di un muino
Penna e acquerello su carta controfondata, cm. 37,2 x 25. Firmato in basso Petrus Jacobus Palmerius Invenit et delineavit 1772.
Bibliografia: C. Travisonni, Pietro Giacomo Palmieri, monografia della collana editoriale “Avere Disegno”, Firenze, Edifir in corso di stampa.

È probabilmente l’attività di acquafortista, praticata principalmente a Bologna negli anni sessanta, a influenzare la tecnica disegnativa di Palmieri, basata sulla realizzazione di reticoli di tratti incrociati che lasciano ampie zone a risparmio. Una consuetudine con l’incisione che deve aver fornito all’artista lo spunto per la creazione di fogli che imitano le stampe non solamente nel tratto, ma anche negli aspetti estrinseci. I disegni vengono infatti riquadrati e firmati e, se non osservati con sufficiente attenzione, possono essere scambiati per incisioni. Ciò vale ancor più se si considera che le fonti figurative sono spesso a loro volta desunte da stampe seicentesche, approfonditamente studiate dall’artista durante gli anni della formazione condotta sotto la protezione di Benedetto XIV Lambertini e la guida di Ercole Graziani jr.
L’anno 1772, posto accanto alla firma nel foglio in esame, fu assai burrascoso per l’artista, che da poco si era trasferito a Parma a seguito della nomina a professore di disegno dell’Accademia. Nell’autunno dell’anno precedente infatti, il primo ministro borbonico Guillaume Du Tillot, grazie al quale Palmieri aveva ottenuto tale nomina, cadde in disgrazia presso la corte e fu costretto a trasferirsi prima a Colorno, nei pressi di Parma, dove Palmieri lo seguì, poi in Spagna e infine a Parigi, dove il bolognese lo raggiungerà al principio del 1773.
L’effetto di disorientamento dello spettatore ottenuto grazie all’imitazione delle tecniche calcografiche sarà apprezzato a Parigi, dove Palmieri si tratterrà fino al 1778, per poi trasferirsi definitivamente a Torino. Fonti parigine e torinesi attestano che i suoi fogli venivano messi sotto vetro ed erano quindi destinati a essere esposti.
Dunque disegni finiti resi a imitazione di stampe e trattati come dipinti.
Frutto della riflessione dell’artista sulle incisioni olandesi seicentesche, il foglio in esame va assimilato ad altri dello stesso periodo. Le caratteristiche tecniche e l’utilizzo dei modelli figurativi richiamano alla memoria in particolare i due disegni del Museo Glauco Lombardi di Parma (inv. 349, 615) e i pendant del Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi (inv. 12288 s., 12289 s.).
Chiara Travisonni